I giovani agricoltori? Intraprendenti e laureati

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Un\'indagine della Cia evidenzia l\'elevata qualità degli under 40 italiani che dirigono un\'azienda agricola. Ma che ancora sono troppo pochi.

Con la crisi economica, sono sempre di più i laureati spagnoli che si danno all’agricoltura. In questa interessante inchiesta (che potete leggere qui in italiano), il quotidiano iberico El Pais ha ben inquadrato qual è il lavoro più sicuro in tempi in cui non ci si può più assicurare un posto fisso.

Ma anche l’Italia non è da meno. Se in Spagna, secondo l’associazione agricola Asaja, sono 2500 i giovani che negli ultimi cinque anni si sono dedicati ai campi, nel nostro paese la Cia punta sulla qualità, affermando che cresce sempre di più il tasso di scolarizzazione dei giovani agricoltori, i quali sempre più «intraprendeti e laureati».

Così recita il comunicato della Cia: «Giovani, intraprendenti e laureati: le "nuove leve" dell’agricoltura italiana hanno in molti casi dei curriculum invidiabili, e negli ambiti più disparati. Spesso infatti, a scommettere sul settore primario sono ingegneri, insegnanti, avvocati, architetti, geologi, e chi più ne ha più ne metta. Nonostante la scarsità di "turn over" nelle campagne italiane, dove la presenza di "under 40" è ferma all’8%, cresce in modo esponenziale il tasso di scolarizzazione della categoria, tanto che oggi tra gli imprenditori junior delle campagne uno su tre ha un titolo di studio elevato, dal diploma in su. Lo rileva la Confederazione italiana agricoltori, sulla base di un’indagine effettuata sul territorio italiano».

«Andando ad analizzare questo 30% ci si accorge che, tra i nuovi "dottori" dell’agricoltura, il 73% ha rilevato l’azienda di famiglia. Ma solo in 4 casi su 10 si tratta di agronomi o di periti agrari, quindi di figli di agricoltori che si sono costruiti un curriculum "ad hoc" per rimanere in azienda. Molti di più (il 60%) sono invece quelli che hanno percorso altre strade di formazione ma poi, complice anche la crisi, hanno preferito non lasciare la strada vecchia per quella nuova, rimanendo all’interno dell’attività di famiglia, ma reinterpretando la realtà aziendale in senso nuovo e reinventando radicalmente almeno un aspetto fondamentale dell’impresa, dalla fase produttiva a quella distributiva».

«Oltre ai "figli d’arte", che sono la stragrande maggioranza del totale, c’è una piccola fetta di agronomi ed enologi, rappresentata dal 6% del campione, che decidono di investire in agricoltura, pur non avendo un’attività familiare da cui partire. Ma la vera novità è costituita dal restante 21%: si tratta di giovani completamente estranei all’agricoltura, sia per tradizione che per formazione, che per motivi diversi decidono di "mollare" con il percorso precedente, voltando pagina e scegliendo la campagna. Secondo la Cia, alla base di questo fenomeno nuovo che sta attraversando il settore ci sono più fattori. Quasi il 45% di questi imprenditori junior decide di investire in agricoltura dopo esperienze lavorative concluse negativamente nei comparti più vicini alla propria preparazione. Il 33% dichiara di aver scelto l’agricoltura più per la qualità della vita dell’ambiente agricolo che per le reali prospettive offerte dal settore. Mentre il restante 22% è stato coinvolto nella scelta da amici e conoscenti, con cui poi ha iniziato l’esperienza lavorativa in azienda». (fonte: Asca)

Agrinotizie


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