I difetti della produzione italiana di pere
Ormai è un dato di fatto: la pera italiana viene venduta sempre di meno. Ma perchè questo forte prodotto, di cui il nostro paese detiene il 34% della quota europea, continua a perdere terreno nel mercato? Le ragioni sono molteplici, ma riguardano le sbagliate scelte umane: manca, infatti, un’adeguata strategia che valorizzi la pera e la porti nel cuore dei consumatori, optando inoltre per le varietà più vendute oggi nel mercato (che non sono quelle italiane).
Per capire la situazione, cominciamo ad analizzarla. La produzione italiana di pere è concentrata sulle varietà autunno-invernali (Abate, William, Red Bartlett, Conference, Kaiser) e nelle zone della Pianura Padana (Emilia-Romagna e Veneto in primis, dato che detengono il 65% della quota nazionale). La superficie coltivata a pere sta calando di anno in anno: nel 2006 era di 38.512 ettari, nel 2010 è scesa a 36.890. Ma questa è una tendenza comune a tutta l’Europa, oltre al fatto che l’offerta è bloccata da tempo: da oltre un decennio non appare più una nuova varietà; anzi, quelle minori perché di difficile consumo (come la nostra Kaiser) tendono alla scomparsa.
Vediamo ora l’export. La tabella qui sotto, riferita alle esportazioni italiane di pere nel periodo 2006-2010 (in tonnellate), è basata sui dati Istat*:
Stato | 2006 | 2008 | 2010 | Var. % 2006/2010 | Quota % 2006-2010 |
Germania | 73.963 | 57.062 | 53.148 | -28,1 | 42,1 |
Francia | 34.598 | 24.885 | 25.654 | -25,9 | 19,8 |
Gran Bretagna | 15.623 | 7.417 | 5.083 | -67,5 | 6,4 |
Austria | 8.602 | 7.810 | 8.614 | +0,1 | 5,4 |
Ungheria | 5.416 | 4.344 | 4.091 | -24,5 | 3,3 |
Romania | 2.469 | 4.387 | 4.604 | +86, 5 | 3,0 |
Slovenia | 4.308 | 3.385 | 3.729 | -13,5 | 2,6 |
Grecia | 3.783 | 3.519 | 2.821 | -25,4 | 2,5 |
Croazia | 4.050 | 2.168 | 1.151 | -71,6 | 1,6 |
Russia | 2.543 | 2.523 | 1.477 | -41,9 | 1,4 |
Svezia | 3.117 | 1.808 | 1.400 | -55,1 | 1,4 |
Spagna | 2.803 | 1.750 | 1.900 | -32,2 | 1,4 |
Svizzera | 1.367 | 1.061 | 1.649 | +20,7 | 1,2 |
Paesi Bassi | 1.947 | 1.271 | 1.654 | -15,1 | 1,0 |
Finlandia | 1.558 | 844 | 648 | -58,4 | 0,8 |
Altri | 11.643 | 8.942 | 8.478 | -27,2 | 6,2 |
Totale | 177.790 | 133.175 | 126.100 | -29,1 | 100,0 |
I dati sono preoccupanti perchè in novevole calo. Soprattutto, sono in forte contrazione i tre principali sbocchi italiani, ovvero Germania, Francia e Gran Bretagna. Le prime due acquistano soprattutto la varietà Abate, mentre la terza favorisce la William, oggi messa duramente alla prova dalla concorrenza iberica.
Lo scenario è dunque pessimo, e con queste condizioni l’Italia ha avuto difficoltà a commercializzare il +30% di produzione di pere avvenuto nel 2010 rispetto al 2009. Le quotazioni sono state di conseguenza al ribasso, ma il consumo non è aumentato perchè il mercato era comunque saturo (nell’intera Ue la produzione è aumentata del 12% in un anno), e vedeva trionfare le pere spagnole.
Il motivo sta nel tipo di pere commercializzate: oggi il mercato preferisce le ‘pere-snack‘, cioè quelle piccole e che possono essere mangiate anche con la buccia. L’Italia produce invece le pere ‘casalinghe’, quelle che vanno consumate tra le mura domestiche perché devono essere sbucciate. Solo la Campania e la Sicilia sono orientate, in misura modesta, alle ‘pere-snack’ che stanno conquistando il mercato. Ma ancora non basta: l’Italia, seppure sia primo produttore europeo di pere, importa trentamila tonnellate di queste dalla Spagna, che produce appunto le ‘pere-snack’ favorite anche dalla popolazione italiana. Non sarà allora il caso di invertire la produzione nostrana e di studiare delle buone strategie di marketing per riposizionare questo gustoso prodotto?
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* elaborati da Sg Marketing in L’Informatore Agrario 48/2011, da cui sono stati tratti i dati per questo articolo.