Rifiuti, prendiamo esempio dalla Francia
Il sistema francese di gestione dei rifiuti agricoli è stato inaugurato dieci anni fa, e da allora non ha fatto altro che registrare ottimi risultati. Al momento, per 250 mila agricoltori francesi, i distributori sono più di mille e i centri di raccolta 4300 in tutto il territorio, gestiti da 250 società tra industrie produttrici e imprese di recupero dei materiali, di valorizzazione energetica e di riciclo. Una filiera descritta con orgoglio dalle organizzazioni agricole francesi in occasione del Green Week, e dalla quale l’Italia dovrebbe prendere esempio.
Ad oggi, la filiera transalpina per il trattamento di rifiuti derivati da agroforniture raccoglie il 66% degli imballaggi vuoti di prodotti fitofarmaceutici e il 35% delle grandi confezioni. Le tonnellate di plastica riciclate sono 33 mila, di cui 15 mila costituite da pellicole. In dieci anni è stato eliminato tutto lo stock nazionale di fitofarmaci non utilizzabili, che ammonta a circa 10 mila tonnellate. Dati enormi che testimoniano l’eccellente lavoro svolto dalle società di gestione dei rifiuti.
Ma perchè gli agricoltori francesi preferiscono affidarsi al sistema di gestione di rifiuti piuttosto che bruciarli da sé? Innanzitutto c’è il discorso della penale: chi brucia plastica all’aperto incorre in una multa minima di mille euro, e in Francia i controlli in campagna sono diffusi e soprattutto in incognito. Inoltre, il sistema di gestione dei rifiuti non complica la vita agli agricoltori, come invece succederebbe nell’Italia in cui a regnare è l’eccessiva burocrazia. Il modello francese di gestione dei rifiuti, insomma, è unico al mondo e senza dubbio il migliore in Europa, dato che non si occupa solo di gestire gli imballaggi vuoti in cartone o plastica dei fitofarmaci e dei fertilizzanti, ma anche dei fitofarmaci non utilizzati, delle pellicole di plastica usate, dei contenitori dei prodotti di igiene utilizzati negli allevamenti e dei grandi sacchi per piante e sementi.
Ma vediamo come funziona esattamente questo sistema, che fra l’altro non è tanto diverso dal Raee, il sistema di gestione italiano per i rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’intera filiera francese è gestita da Adivalor, un consorzio fondato nel 2001 dall’Unione francese industrie fitosanitarie. I soggetti toccati in prima persona dalla gestione dei rifiuti sono invece gli agricoltori, i distributori, i centri di trattamento che lavorano e smistano i rifiuti e infine le industrie che recuperano il materiale. Tutti i soggetti sono coordinati dalle Chambres d’agriculture, dalle cooperative e dalla rete dei sindacati Fnsea. L’agricoltore paga un "eco-contributo" minimo su tutto ciò che acquista, e poi non deve fare altro che raccogliere i rifiuti e riportarli in certe date prestabilite nei punti vendita, che fanno anche da centro di raccolta per gli scarti di ciò che essi stessi vendono. E’ il commerciante che deve occuparsi della parte burocratica, che consiste nel riempire i moduli, immagazzinare i rifiuti e trasportarli. Di tutto ciò, l’agricoltore se ne lava le mani. I commercianti portano tutti i rifiuti presso le industrie di recupero e riciclaggio. Qui, cinque bidoni di plastica possono diventare un metro di tubature industriali, e cento chili di pellicola per serre o imballaggio vengono trasformati in 650 sacchi per l’immondizia.
I commercianti riescono a sostenere l’onere amministrativo grazie all’eco-contributo pagato dall’agricoltore al momento dell’acquisto. Per il resto, l’intera filiera viene finanziata dai fondi pubblici e dalle aziende produttrici, secondo il principio che chi inquina deve pagare: una fabbrica che produce pellicole di plastica, ad esempio, ha una tassa di cinquanta euro su ogni tonnellata di prodotto immesso nel mercato. Non c’è infatti motivo di far pagare al consumatore, cioè all’agricoltore, le spese principali di gestione dei rifiuti.