Agricoltura e turismo: triste destino comune
I dati relativi al flusso turistico nel 2011 sono desolanti: -16% rispetto all’estate precedente secondo Confesercenti, un italiano su cinque in vacanza secondo Adoc (l’anno scorso era uno su tre), e calo di prenotazioni in tutte le tipologie di alberghi, esclusi gli hotel di lusso (+1,7% secondo Federturismo-Confindustria). Ma come influisce nel settore agricolo la crisi del mercato turistico? Colpendo gli agriturismi, naturalmente, anche se le numerose previsioni in merito a questa tipologia di alloggio sono molto contrastanti, addirittura all’interno della stessa indagine: l’ultima di Turismo Verde, organo della Cia, parla ad esempio di un aumento di prenotazioni del 2% tra luglio e settembre, ma più avanti stima undici milioni di pernottamenti in una stagione, che equivarrebbero ad appena l’11% dei posti letto disponibili negli agriturismi italiani (l’anno scorso ne è stato utilizzato il 43%, e già non era un dato positivo).
Spulciando tra altre statistiche si trovano poi quella di Terranostra, organo di Coldiretti, che stima 530 mila agrituristi in luglio, in linea con l’anno precedente, mentre Agriturist (Confagricoltura) parla di un -7% in giugno, luglio e agosto. Forse però, in mezzo a questo marasma di dati inconciliabili, ha ragione la presidente di Agriturist Vittoria Brancaccio quando dichiara che «se nell’estate 2010 pensavamo di avere toccato il fondo, quest’anno la situazione sarà ancora peggiore». E crisi degli agriturismi significa non solo meno posti letto occupati, ma anche meno ristorazione, meno domanda di prodotti agroalimentari e meno introiti per gli agricoltori.
La crisi del turismo non è nuova, così come non sono nuove le sue conseguenze sul settore agricolo. L’indagine di Agriturist, che tra le tante risulta la più completa per analizzare il rapporto tra queste due attività, esordisce ricordando che il turismo è una delle colonne portanti dell’economia italiana, contribuendo al 10% del pil e dando lavoro a più di due milioni di persone. Dunque, se il turismo cresce, ne risentono positivamente anche gli altri settori produttivi, agricoltura in primis. E se invece entra in crisi, le conseguenze negative si vedono un po’ dappertutto.
E così, se nei primi anni Settanta l’Italia era la prima meta turistica del mondo, oggi si trova al quinto posto. La Banca d’Italia ha quantificato questa caduta pubblicando i saldi del bilancio turistico nazionale (ottenuto calcolando i crediti per gli arrivi dall’estero e sottraendo i debiti per le partenze verso l’estero): 11.169 milioni di euro nel 2007, 8.841 nel 2010. Un crollo precipitoso in soli tre anni, che non accenna a interrompersi e che al settore agricolo, secondo Agriturist, ha causato una perdita di oltre cento milioni di euro negli stessi tre anni.
Il ministro del turismo Michela Vittoria Brambilla, in merito all’argomento, si è difesa più volte ripetendo la solita frase: «L’Italia ha sofferto la crisi in misura minore rispetto agli altri paesi europei, e sono convinta che la ripresa sia ormai vicina». La dichiarazione non fa altro che dimostrare l’immobilismo di questo ministro, che nei suoi anni di carica non ha mosso un dito per salvare il settore turistico, provocando delle perdite anche all’agricoltura e ad altre attività. E permettendo così che, a fronte della crescita del 6,7% del turismo mondiale nel 2010 (fonte: World tourism organization), quello italiano sia calato del 2,8%.