Coltivazione dell’orzo, dalla semina alla raccolta

Coltivazione dell'orzo, dalla semina alla raccolta - Immagine
Un dossier sulla tecnica colturale dell\'orzo, con la tabella per la concimazione

di Patrizio Spadanuda

L’orzo è una pianta conosciuta dall’uomo fin da epoche remotissime: era già coltivato in Medio Oriente nel VII millennio a.C. e da qui si è diffuso in tutto il mondo. Le numerose forme di orzo coltivate appartengono alla specie Hordeum vulgare e vengono distinte in base al numero di file di granelli della spiga.

L’infiorescenza dell’orzo è una spiga il cui rachide è costituito da 20-30 articoli su ognuno dei quali, in posizione alterna, sono portate tre spighette uniflore, una mediana e due laterali. Se solo la spighetta centrale di ogni nodo del rachide è fertile e le due laterali sono sterili, la spiga porta due soli ranghi e ha una forma fortemente appiattita: sono questi gli orzi distici. Se invece le tre spighette presenti su ogni nodo del rachide sono tutte fertili, si hanno gli orzi polistici (o esastici) a sei file.

Come il frumento, anche l’orzo è strettamente autogamo. Carattere distintivo importante per il riconoscimento in erba è che le foglie hanno auricole glabre e sviluppatissime, tanto da abbracciare lo stelo fino a sovrapporsi l’una all’altra.

Le glume, presenti in tre paia su ogni nodo del rachide, sono piccole e lesiniformi. Le glumelle sono molto sviluppate e aderiscono strettamente alla cariosside che quindi è vestita; forme nude esistono, ma sono poco diffuse e trovano impiego come surrogato del caffé. Le glumelle inferiori terminano quasi sempre con una resta lunghissima e robusta. Le spighe d’orzo a maturità in certe cultivar hanno portamento pendulo, in certe eretto.

L’orzo è una specie rustica, con modeste esigenze. Tollera meglio del frumento le alte temperature e, anche per merito del suo ciclo più breve (di circa 15 giorni), la carenza di acqua.

Tecnica colturale dell’orzo

La tecnica colturale dell’orzo è molto simile a quella del frumento, anche perché le nuove varietà d’orzo hanno raggiunto un potenziale di produzione non molto inferiore. Una corretta tecnica colturale prevede una serie di accorgimenti quali:

  • Avvicendamento. L’orzo è una specie appartenete alla categoria delle sfruttanti, in un programma di rotazione deve seguire a una miglioratrice o rinnovo. È sconsigliato il ristoppio.
  • Semina. In Italia la maggior parte dell’orzo è coltivato in semine autunnali. L’epoca ottimale supera di poco quella del frumento. Le dosi di semina più frequenti sono 180-200 kg/ha per ottenere 400/500 piante/m2, che daranno origine in seguito a un buon accestimento, a una densità ottimale di 600 spighe/m2. La semina primaverile può attuarsi per la coltivazione di orzo per la birra, consentendo di ottenere partite di granella con migliori caratteristiche. Come il frumento, è consigliabile utilizzare seme certificato e conciato.
  • Concimazione. Anche se specie rustica e adattabile, l’orzo si avvantaggia di razionali concimazioni. Per eseguire un corretto piano di concimazione bisogna tenere in considerazione la produzione che si intende ottenere. Di seguito verranno calcolati i quantitativi di elementi nutritivi che saranno assorbiti dalla coltura. I fabbisogni dei tre macro elementi in funzione della produzione sono espressi nella tabella.

Per quanto riguarda l’azoto, l’orzo ha fabbisogni di questo elemento inferiori al frumento, stimabili in 2 kg di azoto ogni 100 kg di granella producibile. Con le varietà a taglia bassa, dosi di concimazione usuali sono di 80-100 kg di azoto per ettaro. Per gli orzi da birra, che si vogliono a basso contenuto di sostanze azotate, la concimazione va fatta con un particolare accorgimento: evitare di fare l’ultima azotatura alla levata, e dare tutto l’azoto all’accestimento. In questo modo si tende a evitare che la coltura trovi azoto da assorbire durante la fase di granigione; azoto che andrebbe ad arricchire troppo le cariossidi. Per quel che riguarda il fosforo e il potassio, i quantitativi medi sono 60 fino a 80 kg/ha.

  • Diserbo. Generalmente le buone pratiche agronomiche (avvicendamento colturale, buona lavorazione del letto di semina, uso di semente conciato), unite alla capacità dell’orzo di competere meglio con le infestanti, rendono la pratica del diserbo meno diffusa del frumento. Nel caso la presenza di infestanti fosse elevata, la modalità e i principi attivi sono i stessi utilizzati per il frumento, tenendo però conto che alcune molecole diserbanti utilizzate per il frumento sono fitotossiche per l’orzo. Le principali avversità sono: Mal del piede, Oidio, Carbone, Ruggini.
  • Raccolta. La raccolta dell’orzo avviene con le stesse modalità di quella del frumento, ma inizia circa dieci giorni prima. La raccolta deve essere tempestiva al fine di evitare perdite dovute alla particolare fragilità della spiga. Le rese unitarie sono molto variabili in funzione della zona di coltivazione, della tecnica colturale e dell’andamento stagionale. Nelle zone più fertili la produzione unitaria a ettaro può arrivare anche a 7 tonnellate, mentre nei areali meno fertili le rese per ettaro si attestano sulle 3-4 tonnellate. Il peso di 1.000 cariossidi è di 40-50 grammi per i distici, di 35-45 grammi per i polistici. Il peso ettolitrico è di 65-70 kg/hl nei distici, di 60-65 kg/hl nei polistici. Per quel che riguarda la produzione di paglia, il rapporto paglia/granella è circa uguale a 1 o leggermente inferiore.
  • Utilizzazione. L’orzo può essere impiegato come pianta da erbaio per la produzione di foraggio; in questo caso viene raccolta l’intera pianta a maturazione lattea-cerosa, trinciato e insilato. La granella d’orzo ha tre possibili impieghi:
    • Zootecnico: Insieme al mais è il cereale più utilizzato per la produzione di mangimi per mono gastrici e ruminanti. L’orzo a destinazione zootecnica deve avere un buon contenuto proteico, un’elevata presenza di amminoacidi essenziali e un alto peso ettolitrico.
    • Produzione di malto: Le caratteristiche tecnologiche dell’orzo destinato alla produzione della birra sono la buona germinabilità, l’elevato peso medio delle cariossidi, l’elevata attività enzimatica, il basso tenore di pigmenti (antociani) e il basso contenuto di proteine che possono causare fenomeni di intorbidamento. Per questa destinazione ben si prestano le varietà distiche.
    • Alimentazione umana: Come surrogato del caffè o per la produzione di minestre.

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L’AUTORE: Patrizio Spadanuda è perito e ricercatore agrario.

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