Agricoltura, approvato ddl contro il cemento

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La proposta di Catania è apprezzata dalle organizzazioni agricole, che sperano di fermare il calo dei terreni coltivabili

Meno 32,4% di aziende agricole in dieci anni in Italia. Lo spaventoso dato, diffuso da Coldiretti in base ai dati Istat, la dice lunga sulla situazione di crisi in cui versa l’agricoltura italiana: dal 2002 a oggi sono sopravvissute solo 1,6 milioni di aziende agricole, che possono contare sul 2,5% di terra in meno. Attualmente l’agricoltura italiana dispone infatti di 12,9 milioni di ettari di terreno, il 43,8% del territorio nazionale. E il calo di superfici coltivabili non accenna a fermarsi, a meno che il governo non riuscirà a portare a buon fine il suo disegno di legge approvato venerdì per fermare la cementificazione sui terreni agricoli. Una volontà partita dal ministro all’agricoltura Mario Catania, che potrebbe una volta per tutte imporre lo stop alle costruzioni che portano via superfici destinate alla coltivazione.

Così commenta Coldiretti questa proposta: «Se in parte si è verificata una ricomposizione fondiaria, con l’importante aumento delle dimensioni medie aziendali, non c’è dubbio che l’erosione di terre fertili sia imputabile – oltre che alla sottrazione per usi industriali, residenziali, civili e infrastrutturali – anche dall’abbandono delle zone marginali, non in grado di garantire un reddito sufficiente a mantenere l’attività agricola. Lo dimostra il fatto che negli ultimi 20 anni è aumentata di circa il 20% la superficie forestale ma si è dimezzata quella di proprietà delle aziende agricole, con un aumento di 300.000 ettari di terreno che sono stati abbandonati per l’effetto della chiusura delle aziende».

Aggiunge il presidente di Confagricoltura Mario Guidi: «Condividiamo gli obiettivi del disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo di suolo, messo a punto dal ministro Catania e approvato venerdì dal Consiglio dei ministri, perché lo spreco di terreno agricolo nel nostro Paese va assolutamente fermato. È apprezzabile l’impegno del governo di mettere al centro dell’attenzione del Paese l’agricoltura produttiva e gli spazi che possono essere ad essa recuperati. Non condividiamo, invece, la logica vincolistica e discriminatoria che ha ispirato il limite sulla destinazione nel tempo dei terreni agricoli che hanno beneficiato di aiuti di Stato e comunitari, seppur ridotto da 10 a 5 anni rispetto alla prima versione del provvedimento. Dobbiamo comunque arrivare a una gestione ragionata e a un governo del suolo agricolo, e per fare questo occorre una programmazione territoriale che da una parte ponga un drastico freno alla cementificazione, dall’altra dia priorità all’utilizzo dei siti e degli immobili dismessi, introducendo forme di premialità e di incentivazione. Ricordiamo che oltre il 4% della SAU (superficie agricola utilizzata) è a riposo e che, unendola alla superficie attualmente non utilizzata, si potrebbe rimettere in coltura un’estensione pari ad oltre il 9% della SAU: ovvero 1,2 milioni di ettari oggi improduttivi. Si tratta di superfici che in buona parte possono tornare rapidamente in produzione, e che rappresentano un potenziale immediatamente disponibile per rafforzare la nostra agricoltura e creare nuove opportunità per i giovani imprenditori».

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