Aratro ed erosione: una storia lunga millenni

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Riceviamo e pubblichiamo un contributo dell\'ex ricercatore agricolo Marcello Fagioli sulla storia dell\'aratro

di Marcello Fagioli

Il mio è un tentativo di ricordare agli italiani che esistono tecnologie moderne adatte alla conservazione del suolo, anche se da noi tutto quello che c’era da erosionare è già stato erosionato durante i millenni in cui si è usato l’aratro. La "semina diretta" o "no till" o "sod seeding" o "labranza cero", anche se conosciuta, non mi sembra sia molto utilizzata in Italia. Ma prima o poi dovrà essere adottata. Io, ormai vecchio, non mi occupo più di ricerca, ma ho lavorato per una vita in una "Stazione Sperimentale" e, nel ’60, realizzando ricerche su problemi di dinamica dell’acqua nel suolo ho ottenuto, in parcelle con semina diretta, risultati sorprendenti che, una volta accettati dai "saggi", hanno portato all’adozione della pratica. Pertanto il mio unico desiderio è contribuire a rendere attuale, nell’ambiente agricolo, l’argomento di una tecnologia che avrà impensate derivazioni in futuro (anche in un mondo in crisi come in questi giorni!).

 

BREVE STORIA DELL’ARATRO

L’agricoltura è nata tanto tempo fa. Forse 10.000 anni. Per prima cosa l’uomo riuscì ad addomesticare animali selvaggi, e questo aiutò a renderlo sedentario. L’uomo, più o meno sedentario, iniziò ad osservare il ciclo delle piante, la loro crescita, la formazione dei fiori e dei semi, la risemina ed il nascere delle nuove piante, e un uomo di genio se la ingegnò per raccogliere semi e nasconderli nel suolo ed aspettare la formazione di nuove foglie, semi e tuberi che in tal modo poteva ottenere nella quantità a lui necessaria e che poteva inoltre conservare per il resto dell’anno. Era nata la prima era dell’agricoltura.

Poi, un bel giorno, un altro genio immaginò di usare un residuo del tronco di un albero per aprire un solco e, per lavorare meno, fece trainare il tronco da uno dei suoi animali domestici o quasi. Era nato l’aratro di legno, che poi fu modificato in mille modi, col passare dei secoli. Nell’età del bronzo si fecero aratri di metallo, che duravano più tempo ed erano qualcosa di simile a ganci che raschiavano la superficie della terra e, sempre col passare dei secoli, si unirono altre parti di legno, poi di metallo che rovesciavano il pane di terra, eliminando in tal modo le erbe spontanee dannose al raccolto.

Passarono millenni, e nel 1600-1700 D.C. gli aratri erano già quasi tutti di metallo, e per di più potevano essere trainati da macchine a vapore e poi da trattori simili ai nostri moderni. Era la seconda era dell’agricoltura.

Poi, nei due secoli seguenti, l’agricoltura si sviluppò in maniera impensabile. Forse dobbiamo al genio di Mendel e di Pasteur, alle nuove specie vegetali venute dall’America, l’essere riusciti a rendere bugiarde le ipotesi di Malthus che promettevano fame, dovuta alle crescita in maniera geometrica della popolazione umana. Oggi abbiamo l’ingegneria genetica, e presto potremo fabbricare in laboratorio piante, o meglio organismi capaci di produrre gli alimenti a noi necessari, con le qualità che riterremo più opportune.

 

L’aratro accompagnò sempre la crescita delle civilizzazioni. All’inizio realizzava un graffio sulla superficie del suolo, appena sufficiente a ricevere i semi. Poi l’uomo costruì aratri che lavoravano sempre a maggiore profondità, sino ad ottenere il taglio di una zolla sufficientemente profonda per essere rovesciata e seppellire così la vegetazione spontanea. Poi si volle ottenere una profondità di lavoro sempre maggiore per modificare la struttura naturale del suolo ed ottenere la penetrazione e conservazione delle piogge in profondità ed esporre all’aria, all’ossigeno e al calore dell’estate le zolle ed ottenere la loro disgregazione e la solubilizzazione delle sostanze nutritive. E in tal modo aumentava l’erosione del suolo e si andava verso la desertificazione e desertizzazione di sempre maggiori superfici.

Quanto accadde nella prima metà del 1900 in America del Nord generò un allarme mondiale e maggiore interesse per l’erosione eolica, e finalmente si cominciò ad intendere che forse era meglio non modificare la naturale struttura del suolo e che le piogge potevano essere conservate in profondità mantenendo la superficie coperta con residui vegetali . Si parlò di riduzione delle rimozioni del suolo con un minimo di lavori, e si usarono aratri di nuove forme, aratri a disco, erpici ed altri attrezzi, sempre con l’idea che il suolo doveva essere rimosso dall’uomo per fare infiltrare l’acqua della pioggia ed aumentare la fertilità. Ma alcune semplici esperienze e l’uso di erbicidi per controllare la vegetazione spontanea dimostrarono quanto fossero sbagliate quelle idee che dominarono per millenni l’agricoltura.

La migliore struttura del suolo è la naturale, che permette, inoltre, la facile penetrazione delle radici. La migliore infiltrazione e conservazione dall’acqua di pioggia si ottiene lasciando in superficie i residui delle coltivazioni, come avviene nei boschi. E nacque la semina diretta, o labranza cero, o no tillage, o sod seeding che, con la fitotecnica, l’ingegneria genetica e la fitochimica domina l’attuale agricoltura. E l’aratro fu abbandonato, arrugginito e ormai inutile, in un angolo del campo.

Riproduzione riservata. Copyright Marcello Fagioli (mafagi@cpenet.com.ar)

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