Fragole italiane, Cso: consumi al +31%
La fragola italiana, dopo alcuni anni di difficoltà, è in ripresa grazie a una spinta innovativa che parte dal miglioramento varietale e dalla messa a punto di tecniche produttive che consentono un calendario di produzione molto ampio, sfruttando al meglio le straordinarie caratteristiche del territorio italiano con le variazioni climatiche, dal nord al sud, ideali per la diversificazione della produzione.
Nel panorama complessivo dell’ortofrutta italiana, in cui si registrano costanti e a volte drammatici cali di consumi, la fragola è in crescita continua. Un elemento determinante per il successo è senza dubbio da ricercare nel miglioramento generalizzato delle caratteristiche qualitative dei frutti: gli standard organolettici gustativi delle nuove fragole selezionate negli ultimi anni sono molto elevati e stanno riscuotendo ampia approvazione da parte dei consumatori italiani ed europei.
In base alle rilevazioni condotte da Gfk Italia, le fragole rappresentano circa il 2% degli acquisti di frutta in termini di volumi, e il 4% in termini di spesa. Percentuali che triplicano se restringiamo i tempi del paragone al periodo più propriamente tipico del prodotto.
Dai primi anni duemila le fragole hanno vissuto una costante crescita nei volumi acquistati: in pochi anni, dal 2000 al 2004, l’incremento è stato del 21%; nel 2005 la profonda crisi del settore ortofrutticolo ha inciso per un -8% (rispetto al 2004) sugli ottimi risultati conseguiti, scendendo a 67 mila tonnellate. Ma già dal 2006 i consumi hanno ripreso un cammino in crescita, raggiungendo nel 2012 le 80 mila tonnellate (+19% sul 2005), oltre il 10% in più in dieci anni e il +1,5% sul 2011. A sottolineare l’ottimo trend delle fragole ci pensa il confronto con il 2000: ad oggi, infatti, i volumi acquistati sono superiori del 31%.
La stagionalità del consumo di fragole mette in evidenza un allungamento del calendario di commercializzazione, e anche se dai dati Gfk non è possibile stabilire l’origine del prodotto, senza dubbio accanto alle produzioni estere più precoci un certo ruolo è giocato anche dalle produzioni nazionali, sempre più orientate verso tecniche culturali atte a ottenere produzioni sempre più scalari.
Sul fronte produttivo, nel 2013 le superfici dedicate a fragola in coltura specializzata a livello nazionale sono rimaste stabili. Con quasi 3700 ettari, non si registrano infatti variazioni significative rispetto all’anno precedente. L’83% della superficie riguarda impianti in coltura protetta e solo il rimanente 17% in pieno campo.
Nelle regioni meridionali le stime indicano una contrazione della fragolicoltura in Basilicata che, con 540 ettari, segna un -9% rispetto allo scorso anno, mentre la riduzione della Calabria è del -5%. Si conferma invece il buon andamento in Campania, la principale regione produttrice, che registra un +4% rispetto al 2012. Lieve aumento della coltivazione in Sicilia, con un +1% rispetto all’anno scorso.
Nell’ambito delle aree più a nord del paese, si conferma l’importanza della fragolicoltura veneta, e veronese in particolare, che in termini di consistenza non si discosta dai dati del 2012. In crescita le superfici a fragola nella provincia di Bolzano (+5% sul 2012), mentre sembrano in deciso calo nella provincia di Trento (-11% rispetto all’anno scorso). L’Emilia-Romagna registra ancora un calo della coltivazione in coltura specializzata, posizionandosi sul livello minimo di circa 250 ettari. Il Piemonte, infine, conferma quanto già registrato anche l’anno precedente.
Sul fronte varietale il Cso realizza annualmente una ripartizione delle superfici in base alle varietà coltivate, rilevando i dati forniti dalle vendite di piantine dei vivaisti, e i risultati evidenziano un panorama varietale suddiviso per regione in cui si evidenziano in Emilia-Romagna la predominanza delle varietà Alba, Cley e Roxana; in Campania della varietà Sabrina, in Basilicata della Candonga, in Calabria della Camarosa e in Piemonte della varietà Alba.
Cinzia Zanella (Cso)