Il made in Italy è sempre più in mano straniera

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Ogni anno le multinazionali estere si impadroniscono di 210 miliardi di euro in valore, acquisendo storici marchi dell\'agroalimentare italiano

Le multinazionali non smettono di mettere le mani sulle grandi aziende italiane agroalimentari. E così, le sedi dei marchi famosi del made in Italy passano sempre più oltre le Alpi. Basta citare qualche nome storico diventato di conquista straniera negli ultimi anni: Parmalat, Bertolli, Perugina, Buitoni, Galbani, Invernizzi, Carapelli.

Il patrimonio delle aziende agroalimentari italiane di cui si impadroniscono le multinazionali straniere ammonta, secondo la Cia, a circa 210 miliardi di euro all’anno. La recente relazione su questo tema, effettuata dei servizi segreti italiani e riferita in parlamento, afferma che il motivo di questi passaggi di proprietà sta principalmente nella difficile congiuntura economica che sta vivendo il sistema italiano, combinata con «l’aggressiva azione di gruppi esteri che puntano ad acquisire patrimoni industriali, tecnologici e scientifici nazionali, nonché marchi storici del made in Italy, a detrimento della competitività delle nostre imprese strategiche».

I danni causati da questo fenomeno sono subiti soprattutto dagli agricoltori italiani, che si vedono ridurre le vendite in quanto l’approvvigionamento di queste società è rivolto ad altri mercati. In questo modo il "made in Italy" s’impoverisce, visto che ormai le multinazionali controllano oltre il 70% dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole.

Afferma un comunicato della Cia: «La relazione dei servizi segreti ha messo il dito nella piaga, evidenziando una situazione sempre più difficile che ora la crisi economica rischia di far divenire drammatica. L’agroalimentare italiano è strategico e deve essere tutelato. Non si può continuare ad assistere passivamente all’assalto dello straniero, che in questo importante settore è diventato un indisturbato conquistatore. Non vogliamo essere tacciati per nazionalisti o per protezionisti, ma non si può permettere che il "made in Italy" agroalimentare finisca totalmente in mani estere. Bisogna porre un freno. Ci vogliono regole chiare. Ecco perché insistiamo sull’esigenza di un serio e concreto intervento che impedisca scalate attraverso le quali si rischia di mettere sotto controllo un comparto fondamentale per il nostro sistema economico che, oltre a determinare una spesa complessiva che supera i 210 miliardi di euro l’anno, registra un export che si avvicina ai 30 miliardi di euro».

Agrinotizie


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