Kamut, frumento ideale per l’agricoltura biologica

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Grazie alla sua adattabilità, questo cereale è molto utilizzato anche in Italia dalle coltivazioni a impatto zero

Sotto la parola ‘frumento’ si possono classificare alcune specie, sia selvatiche che coltivate, appartenenti al genere Triticum e caratterizzate da una provenienza comune e da un’insieme di peculiarità morfologiche. L’evoluzione del frumento è un processo avvenuto tramite ibridazioni casuali tra le varie specie selvatiche delle rispettive regioni di origine: ogni ibridazione ha dato luogo a determinate caratteristiche, filtrate di generazione in generazione fino ad arrivare dapprima al farro, e poi al moderno frumento duro e tenero.

Il frumento duro (Triticum turgidum subsp. durum), in particolare, appartiene alla stessa famiglia del cosiddetto kamut® (Triticum turgidum subsp. turanicum), il cui nome comune è frutto di un’enorme campagna di marketing realizzata dalla Kamut® International, leader nella commercializzazione di questo cereale.

Il kamut – spesso commercializzato con nomi fantasiosi come ‘grano del faraone’, ‘grano del sole’, ‘grano dell’Egitto’ – è una pianta dal culmo alto e flessibile, con foglie vere chiaro e glabre e spiga aristata, con reste nere alla base e gialle verso l’apice di lunghezza media. Le spieghette di solito hanno due o tre semi di colore scuro e di grandi dimensioni in rapporto alle altre varietà di frumento duro. L’altezza della pianta di kamut va dai 140 ai 160 centimetri, e il periodo di spigatura è molto più tardivo rispetto agli altri frumenti duri. Il portamento di questa pianta alla fine dell’accestimento è eretto, e nonostante la taglia elevata, riesce a resistere all’allettamento.

Il kamut ha un notevole vantaggio, che sta nella sua adattabilità: questa specie di frumento è infatti facilmente coltivabile nei sistemi agricoli biologici e a basso impiego di mezzi tecnici. Per quanto riguarda la semina, essa avviene in autunno, e può essere efettuata con le normali seminatrici per cereali. La quantità di seme da utilizzare va dai 200 ai 250 kg/ha, e l’investimento non supera i 350 cariossidi a metro quadrato. Con tali condizioni, la coltivazione di kamut garantisce rese in granella per ettaro tra i 15 e i 20 quintali.

Dal punto di vista della qualità, il kamut è simile alle antiche varietà di frumento duro italiane, cioè con tenori in ceneri e proteine molto elevati e bassa qualità di glutine. In Italia, il Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia da circa dieci anni ha lanciato una campagna di valorizzazione del kamut, il cui programma ha finora permesso di individuare delle linee molto promettenti per la loro proddutività, la precocità e la loro taglia ridotta.

Agrinotizie


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