Carciofi pugliesi, mercato penalizzato dal clima

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Ancora duro il confronto con la concorrenza francese

La campagna di commercializzazione dei carciofi pugliesi è appena partita, e gli investimenti in questo ortaggio si prospettano già in aumento. E’ in particolare nel foggiano che sono avvenute le registrazioni più positive, con alcune zone che hanno visto le superfici coltivate a carciofo aumentare addirittura del +20-30%, grazie soprattutto all’estirpazione delle colture di uva da tavola che hanno lasciato il posto ai carciofi. Nel brindisino, invece, le variazioni non sono importanti, e non superano il +2-3%.

Queste buone notizie sono tuttavia attenuate da quelle cattive legate al clima: il caldo prolungato e l’assenza di piogge hanno infatti ridotto notevolmente la gradualità della raccolta, da sempre una caratteristica delle coltivazioni di carciofo. La mancanza di freddo, inoltre, ha penalizzato la qualità dei carciofi: i capolini hanno bisogno di temperature basse a fine stagione per raggiungere gli standard qualitativi migliori.

Riguardo alle varietà, la più diffusa è come sempre il Violetto di Provenza, praticamente dominante nel foggiano, mentre in Salento occupa il 70% dei terreni (il resto è di dominio del Violetto Catanese o Comune, che resiste grazie alla sua capacità di produrre carciofini, molto richiesti dall’industria conserviera). Non riescono ad affermarsi, invece, le nuove varietà, nonostante alcuni tentativi che hanno riguardato soprattutto il Romanesco. Unica eccezione è quella dell’Opal, lievemente aumentato ma non ancora affermato sul mercato.

I carciofi pugliesi, inoltre, come sempre devono fare i conti con la concorrenza francese, che anche quest’anno domina il mercato grazie ai suoi prezzi concorrenziali anche in Italia (0,35 euro/capolino per i cartoni da 34 pezzi all’ingrosso). Le quotazioni del prodotto italiano, invece, variano dai 0,20-0,30 euro/capolino per il Violetto di Provenza, penalizzato dalla scarsa domanda e dalla qualità insoddisfacente, che ne limita la commercializzazione al sud Italia (con quotazioni di 5-6 euro/fascio da 20 capolini, contro i 20 euro/fascio del francese): si pensi che la sua produzione costa 0,10/0,15 euro/capolino. Ma nemmeno i sardi, con la loro varietà Tema, se la passano tanto meglio: le loro quotazioni vanni dai 0,20 ai 0,25 euro/capolino.

Agrinotizie


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