Come impostare la concimazione del grano

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Definire un corretto piano di concimazione del frumento duro è tanto importante quanto difficile. Ecco alcuni suggerimenti su come organizzare il lavoro.

di Patrizio Spadanuda

La concimazione del frumento è un’importante pratica agronomica che deve essere necessariamente praticata in un ciclo colturale. Tale pratica garantisce alla coltura in atto gli elementi nutritivi necessari per svilupparsi e riprodursi.

Definire un corretto piano di concimazione del frumento duro non è cosa semplice: bisogna infatti stabilire una serie di aspetti di importante rilevanza, come quelli di determinare i quantitativi di unità fertilizzanti necessari alla coltura, nonché di sapere individuare l’epoca di distribuzione e la tipologia di concime da impiegare.

 

1) Le esigenze nutrizionali della coltura

Aspetto primario della fertilizzazione è quello di conoscere le esigenze nutrizionali della coltura, definita asportazione colturale. Essa, in parole povere, esprime la quantità di elementi nutritivi necessari per la produzione di una determinata quantità di granella con determinate caratteristiche. Nel caso del frumento duro i valori medi da considerare, riferiti ai tre macroelementi, sono 3 kg di azoto, 1,5 kg di fosforo e 2,5 kg di potassio. Questi valori rappresentano dunque le esigenze nutritive volte all’ottenimento di un quintale di granella. Detto ciò, tali valori vanno moltiplicati per la produzione ipotizzabile che è possibile avere in un determinato contesto agrario.

 

Tabella 1 – Quantità di elementi nutritivi necessari in funzione delle diverse produzioni

Produzione di granella (q/ha) Azoto (N) Fosforo (P) Potassio (K)
20 60 30 50
30 90 45 75
40 120 60 100
50 150 75 125
60 180 90 150
70 210 105 175

 

Nella tabella sopra riportata, per questioni di semplificazione, è stato omesso un aspetto abbastanza importante che tuttavia bisogna conoscere, ovvero che la quantità di azoto richiesta, oltre a variare in funzione dall’ipotetica resa da un punto di vista prettamente quantitativo, deve tenere conto anche della qualità della granella stessa valutata sotto il profilo del quantitativo proteico. Nel nostro caso il valore espresso in tabella tiene conto di una produzione con una percentuale proteica nella media che si attesta al 12%; va da se però che alcune produzioni per via di particolari destinazioni produttive della granella necessitano di quantità proteiche superiori. La quantità di azoto necessaria per ottenere un grado proteico di una unità percentuale superiore si attesta indicativamente maggiorando la dose del 10% (ad esempio, con una produzione di granella di 40 quintali al 12% proteine, il quantitativo richiesto è 120 kg di N; nel caso il tenore proteico sia pari 13% la dose sale a 132 kg di N, nel caso di 14% è la dose è pari a 144 kg di N).

Altro aspetto che deve essere menzionato a titolo di conoscenza è che non tutto il quantitativo degli elementi forniti nella concimazione sono contenuti nella granella. Infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, una buona parte degli elementi nutritivi è contenuta nei residui colturali, ovvero ciò che resta della coltivazione dopo la raccolta della granella (parte ipogea: radici e parte epigea: culmi, foglie e pula).

 

Tabella 2 – Contenuto dei vari macroelementi nelle granella e paglia

  Azoto (N) Fosforo (P) Potassio (K)
Granella 2,1% 1,1% 0,5%
Paglia 0,5% 0,2% 1,1%

 

Volendo tradurre questi dati percentuali in numeri, occorre prima determinare la quantità di parte aerea e radicale della coltura. Partiamo dal presupposto di ipotizzare una produzione in termini di resa di 40 q/ha con contenuto proteico pari al 12%: in questo caso la biomassa aerea totale è pari a 100 q/ha. Tale valore è stato ottenuto dividendo la produzione per l’indice di raccolto (o Harvest index) che è pari a 0,4. Volendo essere chiari, tale indice indica la percentuale in peso della granella riferita all’intera parte aerea. Alla biomassa aerea va sommata quella radicale, che è pari al 15% della parte aerea: in questo caso corrisponde a 15 q/ha. Quest’ultimo valore, sommato al precedente, da come cifra finale 115 q/ha. Alla biomassa totale va sottratta la quota della granella, che come già detto ammonta a 40 q/ha. In definitiva, in 1 ettaro di frumento, nel caso ipotizzato, abbiamo 40 q di granella e 75 q di parte aerea (60 q di massa epigea e 15 q di massa ipogea).

Volendo ora tradurre i dati della tabella in numeri, sappiamo ad esempio che il contenuto di azoto nella granella ammonta a 84 kg. Tale valore si ottiene moltiplicando la produzione totale q/ha, in questo caso 40 q, per il contenuto percentuale 2,1% (rapporto proteine/azoto 5,7, dunque ad un contenuto proteico del 12% il contenuto è pari a 2,1). Analoga operazione si esegue per determinare il contenuto nella parte vegetativa, dove il valore ottenuto è 37,5 kg: in questo caso il valore è ottenuto moltiplicando la quantità di parte vegetativa esclusa la granella, in questo caso 75 q, per il contenuto percentuale 0,5%.

In definiva, attraverso questo procedimento siamo stati in grado quantificare, partendo da dati percentuali, la diversa concentrazione nelle varie parti della pianta dell’elemento azoto. Contemporaneamente tale metodo ci ha fornito indicazioni anche sulla quantità di N richiesta, essa ammonta a circa 120 kg, valore che è in linea con quanto riportato nella tabella 1.

 

2) La distribuzione del concime

Stabiliti i fabbisogni colturali, bisogna stabilire in seguito l’epoca di distribuzione, la ripartizione della quantità da distribuire e il tipo di concime da impiegare. Anticipiamo subito che tali scelte sono molto importanti, e che devono essere eseguite con criterio al fine di garantire alla coltura in campo quantitativi nutrizionali disponibili in ogni sua fase di sviluppo, evitando pertanto che si verifichino condizioni di eccessi o carenze di disponibilità nutrizionale. Per ovviare a tale situazione, è fondamentale conoscere le esigenze nutrizionali della coltura in ogni suo stadio di sviluppo; infatti ogni determinata fase del ciclo presenta dei fabbisogni differenti che devono essere garantiti.

L’asportazione degli elementi nutritivi non è lineare, ma segue un andamento approssimativamente sigmoidale. Volendo essere precisi, possiamo affermare che nel primo periodo di crescita (quello che va dalla semina all’inizio della levata) i fabbisogni nutritivi della coltura sono esigui per via della minima attività vegetativa e di un altrettanto esiguo tasso di assorbimento. In questa fase si stima che la richiesta in termini di azoto ammonti al 20% del totale richiesto. La restante parte di azoto viene richiesta nel periodo che va dalla fine dell’accestimento o inizio della levata alla granigione.

Tenendo conto dei periodi di richiesta della coltura e dei fabbisogni nutrizionali totali, un aspetto importante è quello di frazionare gli apporti e definire la quantità e tipologia di concime da distribuire in base al suo titolo.

Per impostare un corretto piano di concimazione, è ora idoneo fare un sunto delle caratteristiche e sulle forme dei tre elementi chimici che andremo a fornire.

Per quanto riguarda l’azoto, la sua funzione è quella di favorire lo sviluppo della coltura sotto il profilo vegeto-riproduttivo; infatti, sotto il profilo vegetativo, esso favorisce l’accestimento, lo sviluppo della superficie fogliare e la sua capacità fotosintetizzante; mentre sotto il profilo riproduttivo favorisce la formazione della spiga con una elevata percentuale di spighette allegate. Per quel che concerne le forme dell’azoto, la nostra attenzione sarà limitata solo su alcune, prendendo solo in considerazione solo quella nitrica e ammoniacale.

Azoto nitrico

L’azoto nitrico (NO3 -) nel suolo deriva dalla nitrificazione dell’azoto ammoniacale, dall’apporto di concimi e dalle precipitazioni meteoriche. Tale forma è la più assorbita dalle piante per via di una maggiore mobilità nel terreno, tuttavia presenta la caratteristica di non essere trattenuto dalle particelle colloidi del suolo; una condizione che lo rende un elemento facilmente lisciviabile. Caratteristica fondamentale di questa forma è quella di possedere un pronto effetto, tanto che deve essere impiegata nel periodo di rapido accrescimento.

Azoto ammoniacale

L’azoto ammoniacale (NH4 +) nel suolo deriva dalla decomposizione della sostanza organica e dall’apporto di concimi. Lo ione ammonio è trattenuto nel terreno in quanto assorbito dalle sostanze colloidali come l’humus o l’argilla; tale condizione rende l’elemento non soggetto alla lisciviazione. La pianta tuttavia utilizza la gran parte dell’azoto ammoniacale solamente dopo la nitrificazione operata dalla biomassa microbica. Essendo un’attività operata da microrganismi, tale processo di conversione può impiegare un lasso di tempo più o meno variabile che garantisce però una lento rilascio del nutriente.

Fosforo

Anche il fosforo riveste un importante ruolo nel ciclo vegetale della coltura: si tratta infatti di un elemento che prende parte a numerosi processi metabolici; inoltre da un punto di vista vegetativo favorisce lo sviluppo dell’apparato radicale ed è determinante nella fase di fioritura. Il fosforo viene assorbito dalle piante sottoforma di H2PO4- HPO4 2-; tuttavia a volte nel terreno, per via di anomale situazioni del pH, potremmo registrare fenomeni di insolubilità dell’elemento più o meno marcata. Tale situazione viene definita "retrogradazione".

Potassio

Il potassio esplica una serie di funzioni: è importante dal punto di vista fotosintetico agendo come regolatore, partecipa nel trasporto delle sostanze prodotte dalle foglie agli organi di riserva, incide sulla qualità del prodotto e, infine, aumenta la resistenza delle piante alle basse temperature. Tale elemento viene assorbito dalle piante sottoforma di ione K+ .

 

3) La concimazione di fondo

Il primo intervento di concimazione, definito anche concimazione di fondo, viene eseguito in presemina con spandiconcime o alla semina con la seminatrice. In questa fase vengono distribuiti tutto il quantitativo di fosforo e potassio e una parte di azoto. Un aspetto da citare di questa prima concimazione è che tali dosi posso subire forti variazioni per via di numerosi aspetti. Volendone considerare alcuni:

  • Coltura precedente: se la nostra coltura precedente è stata una miglioratrice, come ad esempio il favino, possiamo contare su una certa disponibilità di azoto presente naturalmente già nel terreno, e dunque tale condizione ci permette di limitare molto, se non del tutto, gli apporti di concimazione di azoto in questa prima fase. Tuttavia tale condizione non è l’unica, in quanto potremmo avere altre colture come ad esempio mais, il quale, attraverso i residui colturali, restituisce al suolo notevoli quantità di elementi nutritivi.
  • Sovescio e concimazione organica. Tali tecniche apportano buone quantità di elementi nutritivi oltre che migliorare le caratteristiche del suolo.
  • Disporre di analisi del suolo: attraverso queste possiamo integrare o meno in quantità differente a seconda dell’effettiva presenza nel suolo delle sostanze.
  • Conoscere i cicli degli elementi nutritivi in questione, sapendo che non tutto ciò che distribuiamo potrebbe essere effettivamente utilizzato: potremmo infatti avere delle perdite dovute a lisciviazione e volatilizzazione nel caso dell’azoto, e retrogradazione nel caso del fosforo. Tuttavia occorre ricordarsi che è possibile contare su apporti naturali, come ad esempio la fissazione dell’azoto operato dalle leguminose.
  • Effetti dell’andamento climatico, in particolare la temperatura che influisce sulla velocità di mineralizzazione e le piogge sul dilavamento dei nitrati.

 

4) La concimazione di copertura

La seconda concimazione, definita concimazione di copertura, generalmente prevede due interventi. Il primo viene effettuato allo stadio dell’inizio della levata, mentre il secondo allo stadio di botticella. Dobbiamo precisare subito che in questo caso la concimazione è totalmente di azoto.

In questa prima fase possiamo intervenire con concimi nitro-ammoniacali o urea. In questo primo intervento, generalmente viene utilizzata la prima forma per via dell’epoca di distribuzione, che cadendo nel periodo invernale generalmente coincide con temperature molto basse e condizioni di eccessiva umidità del terreno; situazioni entrambe sfavorevoli ai processi di mineralizzazione dell’humus e di nitrificazione dell’azoto. Tale forma di concime presenta una dose nitrica a pronto effetto e una parte ammoniacale a lento rilascio, pertanto la formulazione di questo concime permette alla pianta di avere una parte di azoto assimilabile subito, e un’altra parte da assimilare in un secondo momento per via della necessaria trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico operato dai batteri.

La prima fase di concimazione è importante: intervenire con un concime nitro-ammoniacale garantisce alla pianta una pronta ed equilibrata nutrizione per predisporre al meglio la propria crescita e la produzione. L’azoto nitrico infatti favorisce un rapido sviluppo dell’apparato radicale e un maggiore accestimento; l’azoto ammoniacale invece sostiene l’accrescimento in levata.

Per quel che riguarda il secondo passaggio, si provvederà a distribuire il restante quantitativo da apportare. In questa fase è consigliabile distribuire l’urea per via di una buona durata e basso costo dell’unità fertilizzante. Occorre precisare che nella pratica della concimazione l’agricoltore opera in un contesto influenzato dal clima: può capitare infatti in pieno campo che le epoche di distribuzione riferite a un determinato stadio fisiologico possano subire variazioni. Ne consegue che possono variare i numeri di interventi e la tipologia di concime impiegato; pertanto non esiste una concimazione standard.

Nella tabella di seguito, si riporta un piano di concimazione riferito a una produzione in termini di resa di 50 q/ha a un contenuto proteico del 12%. Abbiamo ipotizzato una dotazione tipica degli areali italiani, dove molto spesso si ha una bassa dotazione di azoto e di fosforo, al contrario del potassio che si registra in dotazione elevata.

 

Tabella 3 – Piano di concimazione di fondo

Dose N da distribuire 20% di 150 N = 30 kg
Dose P205 da distribuire 100% di 75P = 75 kg
Dose K20 da distribuire 0
Concime impiegato 18/46
Quantitativo da distribuire 165 kg (30 kg/18)

 

Tabella 4 – Piano di concimazione di copertura

Dose N da distribuire   80% di 150 N = 120 kg
  Primo intervento Secondo intervento
Dose da distribuire 65 kg 55 kg
Concime impiegato Nitrato ammonio 26% N Urea 46% N
Dosi 250 kg (65/26) 120 kg (55/26)

N.B. In caso si voglia ottenere granella con percentuali proteiche superiori, le dosi da apportare devono essere maggiorate di 10-20 kg di N. In questo caso è consigliabile ripartire la dose di concimazione in tre interventi, intervenendo in accestimento/inizio levata, piena levata, botticella/spigatura.

 

FOCUS: Altri tipi di concime

Concimi a lenta cessione

Citiamo, a titolo informativo, che la tendenza attuale è quella di studiare piani di concimazione che mirano all’utilizzo di concimi a lenta cessione. Questi tipi di concime stanno trovando largo utilizzo: anche se il costo della singola unità fertilizzante è piuttosto elevata, tuttavia si riscontrano numerosi vantaggi, quali una nutrizione azotata equilibrata, graduale e durevole in tutte le fasi, senza eccessi o carenze, con minime perdite dovute a lisciviazione, un’utilità massima e infine una riduzione dei passaggi in campo. Questa tecnica è molto innovativa è sostenibile da un punto di vista economico e ambientale.

Concimazione fogliare

In alcuni contesti, si registra anche l’importanza della concimazione fogliare. Essa è una tipologia di intervento praticata non tanto per fini nutrizionali come la concimazione minerale, ma un suo intervento, apportando in particolare determinate dosi di microelementi, permette alla coltura di beneficiare di una serie di vantaggi, quali lo sviluppo armonico degli organi, la prevenzione da fisiopatie, la limitazione degli effetti di squilibri nutrizionali, il miglioramento del processo fotosintetico, l’aumento dell’allegagione della fioritura, la facilitazione della migrazione dei carboidrati a livello della cariosside con aumento del contenuto in glutine.

 

Conclusioni

A prescindere da qualsiasi tipologia di concime che andremo a impiegare, la sua utilità dipende molto dall’andamento climatico o termo-pluviometrico, che è un fattore da prendere assolutamente in considerazione. In un’annata agraria incidono molto sia la temperatura che la quantità di precipitazioni, dove eventuali carenze o eccessi potrebbero limitare di molto l’utilità dell’intervento di concimazione.

È bene ricordare, inoltre, che tali elementi si rendono disponibili all’assimilazione da parte dell’apparato ipogeo della piante proprio tramite l’acqua, che si comporta da “veicolo”. In gergo tecnico l’acqua, con le sostanze nutritive in essa disciolte, prende nome di "soluzione circolante".

In conclusione, la pratica della fertilizzazione rappresenta un crocevia fondamentale che influenza molto le rese; tuttavia una corretta tecnica colturale deve mirare anche ad altri accorgimenti, come il controllo sulle erbe infestanti e la difesa dai patogeni. Solo nelle condizioni ottimali di sviluppo la pianta può esprimere al meglio il suo potenziale produttivo e dunque massimizzare tutti gli input forniti nel ciclo colturale: questa è certamente una premessa di elevate rese che consentono la marginalità economica.
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L’AUTORE: Patrizio Spadanuda è perito e ricercatore agrario.

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