Carne inquinatrice, la Lav fa polemica

È stato pubblicato di recente il rapporto Lav sui costi della carne (leggilo qui). L’associazione animalista parla chiaro: la carne è la terza fonte di produzione di anidride carbonica. Le strutture in cui crescono gli animali, precisa il rapporto, sono fonte del 12,6% dei gas serra, tra cui l’ammoniaca che è responsabile delle piogge acide. Ma non è tutto: la produzione di carne per l’alimentazione dell’uomo è anche responsabile di un’elevato consumo di acqua, poiché per produrre una bistecca da due etti ne sono necessari 25 litri.

Il rapporto è stato consegnato al ministro dell’ambiente Corrado Clini, con il sostegno di un vasto panorama di associazioni ambientaliste. Michela Brambilla, presidente della Federazione delle associazioni animaliste e ambientaliste nonché fedele vegetariana da 12 anni, ha detto ad esempio che «in Italia è ancora troppo scarsa la consapevolezza di quante ferite creino gli allevamenti intensivi per la quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera e per le risorse di acqua che vengono dissipate. Per questo occorre cambiare i nostri stili di vita e scegliere tecnologie pulite: il rischio, altrimenti, sarà in danni irreversibili per il pianeta».

Ma le polemiche non sono mancate, prima fra tutte quella di Assocarni che ha rinnegato l’autorità del rapporto Lav. Il presidente François Tomei si è espresso così: «Quel rapporto è una sintesi dei peggiori luoghi comuni, priva di basi scientifiche serie. Si fa confusione tra carni bovine, avicole e suine che hanno logiche completamente diverse. Basti pensare che il patrimonio bovino è in diminuzione da anni, ma le emissioni continuano ad aumentare».

Persino Marco Melosi, tra i maggiori dei veterinari italiani, non ha gradito il rapporto della Lav, seppure sia un’associazione per la quale non ha mai nascosto simpatia. «È sbagliato arrivare a questi eccessi – ha detto il dottore –; la strada giusta sta nel puntare alla riduzione dell’impatto sull’ambiente adeguando la produzione alla domanda».

Alla carne, insomma, si fa fatica a rinunciare: i suoi sostenitori continuano a ribadire le gravi carenze alimentari di chi elimina questo cibo dalla propria dieta.