Col global warming l’olivo si coltiva nelle Alpi

L’ennesima storia in cui il ruolo da protagonista è giocato dal cambiamento climatico riguarda l’olivicoltura, e in particolare la migrazione di un albero che da varietà tipicamente meridionale sta diventando una consolidata presenza anche nelle Alpi: l’olivo, appunto. Di recente sono infatti sempre di più le imprese agricole che si dedicano alla coltivazione di olivi, nonostante si trovino nella Pianura Padana o addirittura ai piedi delle Alpi, zone notoriamente poco ospitali per questi alberi, che prediligono un clima più mite. Ma l’innalzamento della temperatura terrestre sta permettendo che anche nel nord Italia si coltivino gli alberi in precedenza detenuti in esclusiva dal mezzogiorno.

L’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima appartenente al Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Isac-Cnr) e l’Università degli studi di Milano hanno realizzato di recente una ricerca pubblicata su Geophysical Research Letters, in cui si evidenzia come la temperatura sia aumentata di 1,5 gradi negli ultimi cinquant’anni. Coldiretti ha approfittato di questi dati per ribadire l’allarme sul fenomeno, reso esplicito, appunto, dagli olivi coltivati al nord Italia, dove fino a poco tempo fa non si pensava nemmeno a questa possibilità.

Ma gli esempi sono innumerevoli, e tanto per rimanere nel settore agricolo, si può citare ad esempio la produzione di champagne, resa molto difficoltosa dall’aumento della temperatura in Francia, tanto che alcuni produttori hanno preferito spostarsi in Inghilterra. Sempre nel settore del vino, e ritornando in Italia, Coldiretti segnala inoltre l’aumento medio della gradazione del vino nostrano, un altro effetto che sarebbe direttamente legato al cambiamento climatico. Che per i prodotti tipici sia arrivato il momento di traslocare a causa del caldo?