Trattato di libero scambio, i pro e i contro

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Il TTIP tra Europa, Usa e Asia, attualmente in lavorazione, ha aspetti positivi e negativi.

di Sergio Pitzalis

Oggi vogliamo uscire dalla consueta analisi dei mercati dei cereali per concentrarci su un argomento non ancora abbastanza pubblicizzato dai media, ma che interesserà tra non molto tutti gli agricoltori e i commerciali italiani. Stiamo parlando del trattato di libero scambio tra Europa, Stati Uniti e Asia, denominato TTIP, ovvero Transatlantic Trade and Investment Partnership.

Questo tipo di accordo sul libero scambio tra Unione Europea, Stati Uniti d’America e altri paesi asiatici è giunto a una svolta importante, e non rappresenta una normale trattativa come tante altre: ciò che ne uscirà sarà la più grande rivoluzione commerciale del libero scambio mai vista a livello mondiale. Basti pensare che le aree interessate saranno, oltre agli Stati Uniti e all’Europa, dodici paesi delle due sponde del Pacifico.

Ma andiamo con ordine. La posta in gioco è chiaramente alta: entrambi i rappresentanti dei paesi interessati cercheranno di ottenere più condizioni vantaggiose possibili, tutelando le proprie risorse. Il trattato prenderà in considerazione molti settori economici, ma in questa sede noi ci occuperemo solo gli aspetti legati all’agricoltura.

Attualmente il TTIP è appena a metà strada: si prevede una chiusura della prima stesura tra dicembre 2014 e gennaio 2015. Per questa ragione, adesso è prematuro esprimere giudizi in merito su cose ancora non definite; ma data l’enorme potenzialità economica, le voci contrarie e favorevoli si sono già distinte e scese in campo.

Gli scettici

Secondo molti, un accordo di libero scambio come il TTIP potrà andare a scapito della qualità dei cibi che avremo sulle nostre tavole. L’obiettivo sarà di avere prezzi più bassi per tutti gli alimenti utilizzando cibi oggi non consentiti (come i prodotti OGM), accettare carne agli ormoni, carcasse di pollo lavate con il cloro e quelle di mucca con l’acido lattico, eccetera. Tutte procedure da noi non consentite.

Per i cibi trattati con OGM e pesticidi, dobbiamo valutare come negli Usa siano 70 milioni gli ettari con coltivazioni OGM e circa il 70% i cibi lavorati e venduti nei supermercati statunitensi. Così come l’uso di grosse quantità di pesticidi in agricoltura, dove la legislazione Usa pone limiti ridotti rispetto agli standard europei. Più del 90% del manzo Usa è prodotto con ormoni della crescita bovina, che invece in Europa subiscono restrizioni dal 1988. Bruxelles si è già espressa in tal senso respingendo carne che contenga cloridrato di ractopamina, un medicinale usato per gonfiare il tasso di carne magra di suini e bovini. Senza considerare l’uso del cloro per disinfettare i polli e tacchini permesso negli Usa e bandito in Europa dal 1997 e l’uso di interferenti endocrini, dove l’Unione europea ha già fissato livelli massimi di contaminazione.

Gli aspetti finora trattati sono molto importanti per la salute di tutti noi, ma la questione più delicata per la nostra agricoltura è legato ai possibili danni ai marchi a denominazioni d’origine. Il sistema delle produzioni del Dop e Igp, che in Italia genera un fatturato di circa 7 miliardi di euro, al consumo di circa 12,6 miliardi di euro e un valore di export pari al 32%, potrà essere messo in seria difficoltà, con prodotti a basso costo proveniente dal resto del mondo.

I favorevoli

Altrettanti opinionisti sono invece convinti che, se i rappresentanti europei sapranno garantire certe condizioni di sicurezza e trasparenza, l’occasione potrà essere vantaggiosa anche per tutti i cittadini dell’Ue e per la nostra economia agricola. La linea oltre la quale la Commissione Europea non può scendere è quella di non mettere in discussione il principio di precauzione usato in Europa per la sicurezza alimentare, secondo il quale un prodotto può essere ritirato dal mercato se c’è il rischio che possa danneggiare la salute umana. Cosa che non sussiste nei mercati extra-europei.

Sarà necessario valorizzare i nostri prodotti locali, rafforzando l’agricoltura biologica e l’agroecologia, mettendo in chiaro come un cibo sano e genuino può nascere solo da un ambiente in cui il terreno e le acque non siano inquinati. Sono in molti ha ritenere che se l’Ue farà bene il suo lavoro, le opportunità che gli agricoltori avranno saranno maggiori rispetto ai problemi. Una liberalizzazione dei mercati può ridare vita ulteriormente alle nostre esportazioni, specie dei prodotti riconosciuti da certificati di qualità, senza dazi e barriere protettive.

È fondamentale che i nostri rappresentanti, prima a livello interno poi al TTIP, abbiano le idee chiare e siano pronti a discutere ogni particolare con attenzione e prudenza, senza lasciare troppi spazi alle multinazionali americane.

Infine, non dobbiamo dimenticare come il trattato sia solo in una prima fase embrionale: inutile creare allarmismi ingiustificati senza nulla di concreto e senza certezze di nessun tipo. Adesso la bilancia è perfettamente in pareggio, le opportunità sono le stesse per noi e per gli agricoltori americani e asiatici, ma la lotta non sarà facile per nessuno.

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Sergio Pitzalis è titolare della Gsa (Gann Systems Analysis), che da oltre 10 anni opera sui mercati finanziari e sulle principali borse merci internazionali per offrire un supporto alle aziende agricole. Ogni lunedì cura su Agrinotizie una rubrica in cui analizza il mercato internazionale e italiano dei cereali. Pitzalis offre inoltre delle analisi approfondite sulle tendenze internazionali del mercato dei cereali. Clicca qui per maggiori informazioni o scrivici per contattare Sergio Pitzalis.

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