Zafferano, c’è troppa contraffazione

La qualità che più attira i contraffattori di prodotti agroalimentari è la buona reputazione. E lo zafferano italiano ne ha da vendere. Per questo, anche tale spezia è oggetto di un mercato illegale che nel 2011 ha portato alla vendita di ben 18.432 chilogrammi di prodotto contraffatto. Lo ha affermato l’Associazione zafferano italiano in un recente comunicato sulla tradizionale spezia utilizzata per dare al risotto alla milanese il suo inconfondibile colore giallo.

Lo zafferano appartiene alla tradizione contadina italiana, e le sue peculiari qualità organolettiche richiedono una tecnica colturale antica, caratterizzata dalla necessità di un grande utilizzo di manodopera. Per produrre un solo chilo di zafferano essiccato occorre la raccolta di circa 150.000 fiori, da cui si prelevano i tre stimmi che vengono poi tostati. La produzione di un intero ettaro di terreno coltivato a zafferano rende in media circa 10-15 chilogrammi di prodotto, ma solitamente gli appezzamenti dediti a questa coltura hanno dimensioni molto più ridotte.

Vista la grande reputazione dello zafferano, l’Unione europea ha riconosciuto al nostro paese ben tre denominazioni di origine protetta: lo Zafferano dell’Aquila, lo Zafferano di San Giminiano e lo Zafferano di Sardegna. Ma tale spezia è coltivata con successo in molte regioni italiane.

Secondo i dati dell’Associazione zafferano italiano, la superficie coltivata a zafferano nella nostra penisola è pari a circa 55 ettari, e rende intorno ai 600 chilogrammi all’anno. Se si confronta questo dato con i 18.432 chilogrammi contraffatti nel solo 2011 e spacciati per italiani, è facile capire la gravità di questo fenomeno.